Imu e Tari per i soggetti non residenti titolari di pensione
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Al fine di contrastare indebiti fenomeni di evasione fiscale, il legislatore ha introdotto specifiche disposizioni che sanzionano, sotto il profilo penale-tributario, i comportamenti tenuti dal contribuente finalizzati a sottrarsi, indebitamente, al pagamento delle imposte dovute.
Nell’ambito dei più articolati e insidiosi fenomeni di frode fiscale, il soggetto passivo d’imposta contabilizza in bilancio, e successivamente riporta in dichiarazione, elementi passivi fittizi derivanti dall’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
Di conseguenza il sistema evasivo in rassegna crea, in capo al cessionario, crediti Iva inesistenti che – al momento della presentazione del modello F24 – consentono di effettuare indebite compensazioni.
Sullo specifico tema, giova ricordare che la normativa di riferimento prevede una duplice modalità di compensazione dei tributi:
Sotto il profilo penale-tributario l’indebita compensazione è contemplata dall’articolo 10-quater D.Lgs. 74/2000, il quale prevede l’applicazione della sanzione della reclusione:
Tutto ciò premesso, occorre valutare attentamente la condotta penalmente rilevante che integra il delitto in rassegna, anche alla luce della prassi e della giurisprudenza di riferimento.
Sul punto, la prassi operativa ha chiarito che il richiamo operato nell’articolo 10-quater D.Lgs. 74/2000 all’articolo 17 D.Lgs. 241/1997, determina l’applicabilità della sanzione penale ivi prevista per le sole indebite compensazioni effettuate in sede di versamento unificato mediante modello F24 non essendo, di contro, applicabile a quelle operate in sede dichiarativa.
Proprio in ordine alla rilevanza penale delle indebite compensazioni, si è recentemente pronunciata la suprema Corte di cassazione, sezione terza penale, con la sentenza n. 44737 del 05.11.2019, con la quale i Supremi giudici hanno confermato che la condotta penalmente rilevante è riferibile alla formale presentazione del modello F24.
La condotta tipica del reato previsto e punito dall’articolo 10-quater D.Lgs. 74/2000 si caratterizza per il mancato versamento di somme dovute utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 D.Lgs. 241/1997, crediti non spettanti o inesistenti.
Quindi non è sufficiente a integrare il reato di cui trattasi un mancato versamento, ma occorre che lo stesso risulti, sin dall’origine, formalmente “giustificato” da una specifica compensazione operata tra le somme dovute all’Erario e i crediti verso il contribuente (in realtà non spettanti o inesistenti).
Più nel dettaglio, il delitto di indebita compensazione si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale.
In definitiva, l’indebita compensazione deve formalmente risultare dal modello F24 mediante il quale la stessa è stata realizzata indicando, “in compensazione”, crediti inesistenti o non spettanti.
Il modello F24 costituisce, infatti, uno strumento imposto dal legislatore tributario per poter eseguire le compensazioni tra debiti e crediti tributari, con la conseguenza che le stesse “non possono che essere realizzate attraverso la presentazione di tale modello debitamente compilato, in difetto del quale non può dirsi sussistente una compensazione”.