Imu e Tari per i soggetti non residenti titolari di pensione
Dall’anno 2021 è ridotta alla metà l’Imu dovuta sull’unica unità immobiliare, non…
La normativa sostanziale di riferimento prevista per le persone fisiche, prevede che il contribuente è considerato residente in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni o 184 in caso di anno bisestile):
Per contrastare il fenomeno della fittizia residenza all’estero della persona fisica, il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento tributario una presunzione legale relativa che, al ricorrere di determinate condizioni, pone l’onere della prova sul contribuente emigrato oltre frontiera, il quale dovrà dimostrare di essersi effettivamente stabilito all’estero.
In particolare, ai sensi dell’articolo 2, comma 2-bis, Tuir si considerano residenti in Italia, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori a fiscalità privilegiata (D.M. 04.05.1999).
Per superare la presunzione legale relativa in rassegna, il contribuente dovrà fornire al Fisco idonea prova contraria, anche sulla base delle indicazioni diramate con la C.M. 140/1999, utilizzando qualsiasi mezzo di prova di natura documentale o dimostrativa idoneo a stabilire:
A livello convenzionale, l’articolo 4, paragrafo 2, Modello Ocse di convenzione internazionale contro le doppie imposizioni sui redditi, cui si ispirano la maggior parte degli accordi bilaterali stipulati tra l’Italia e i vari Paesi nel mondo, prevede specifiche disposizioni finalizzate a evitare fenomeni di doppia imposizione economica, nella particolare ipotesi in cui lo stesso contribuente venga considerato residente in entrambi gli Stati contraenti.
Con riferimento alla decorrenza di iscrizione all’Aire e alla contestuale cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente in Italia, è recentemente intervenuta l’Agenzia delle entrate con la risposta all’interpello n. 270 del 18.07.2019, avente ad oggetto “Gli adempimenti fiscali ai fini delle II.DD. e IVIE da parte di un soggetto trasferitosi in Gran Bretagna”.
Il soggetto istante ha dichiarato di possedere la doppia cittadinanza italiana e britannica, essendo nato in Gran Bretagna da genitori italiani e di essere attualmente residente a Londra.
Inoltre, il soggetto istante:
Tutto ciò premesso il contribuente ha chiesto la conferma, di poter essere considerato fiscalmente residente nel Regno Unito già dal 2018.
Preso atto delle argomentazioni logico-giuridiche espresse nell’istanza di interpello, l’Agenzia delle entrate ha anzitutto delineato il contesto normativo di riferimento e, simmetricamente, valutato il rapporto intercorrente tra la normativa interna e le disposizioni convenzionali di riferimento, sulla base dei dati desunti dall’anagrafe dei cittadini italiani residenti all’estero (Aire), il soggetto istante è formalmente iscritto all’Aire dal 04.07.2018.
In merito, giova ricordare che l’articolo 16, comma 3, D.L. 22/2019 (c.d. “Decreto Brexit”), ha inserito il comma 9-bis nell’articolo 6 L. 470/1988, in base al quale, gli effetti della dichiarazione relativa al trasferimento della residenza da un comune italiano all’estero, rese all’ufficio consolare competente, decorrono dalla loro data di presentazione, qualora non sia stata già resa la dichiarazione di trasferimento di residenza all’estero presso il comune di ultima residenza, a norma della vigente legislazione anagrafica.
La nuova disposizione prevede, inoltre, che le dichiarazioni presentate anteriormente alla data di entrata in vigore del D.L. 22/2019 e non ancora ricevute dall’ufficiale di anagrafe, hanno sempre decorrenza dalla data di presentazione.
In buona sostanza, l’iscrizione all’Aire avrà effetto dalla data di presentazione della relativa domanda, senza dover aspettare la ricezione da parte dell’ufficiale dell’anagrafe, ossia la dichiarazione di trasferimento da parte dell’ultimo comune di residenza.
Di contro, in precedenza, l’abrogato articolo 7 D.P.R. 323/1989 (recante il regolamento per l’esecuzione della L. 470/1988), fissava la decorrenza dalla data di ricezione della stessa da parte dell’ufficiale di anagrafe.
Sullo specifico tema, occorre tuttavia precisare che:
Quindi per l’annualità 2018 tutti i redditi percepiti dal soggetto istante, ovunque siano stati prodotti, devono essere tassati nel nostro Paese, con possibilità di evitare l’eventuale doppia imposizione sul reddito sulla base di quanto previsto dall’articolo 24, paragrafo 3, della Convezione, ai sensi del quale “Se un residente dell’Italia possiede elementi di reddito che sono imponibili nel Regno Unito, l’Italia nel calcolare le proprie imposte sul reddito … può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano diversamente. In tal caso, l’Italia deve dedurre dalle imposte così calcolate l’imposta sui redditi pagata nel Regno Unito, ma l’ammontare della deduzione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo”.
Di conseguenza, in relazione all’annualità 2018, il soggetto residente in Italia sarà tenuto a dichiarare all’Amministrazione finanziaria italiana tutti i redditi percepiti, ovunque siano stati prodotti, ai fini dell’applicazione dell’Irpef.